A fronte di una varia normativa in campo ambientale a livello europeo, la Legge comunitaria 2009 delega a ciascun Stato membro l’adozione di un sistema che permetta una più efficace tutela dell’ambiente, come previsto dalla direttiva europea 2008/99/CE, recepita con la legge 96/2010 . È infatti idea della commissione europea che per limitare il verificarsi di reati verso l’ambiente sia necessario intervenire duramente ed in particolare introducendo sanzioni penali: le sanzioni penali costituirebbero un buon deterrente rispetto a quelle amministrative.
Di seguito si riporta un elenco non esaustivo dei reati sanzionabili penalmente:
– scarico, emissione o immissione di illeciti nell’aria, nel suolo e nelle acque che comportano il decesso o lesioni gravi alle persone e all’ambiente;
– raccolta, trasporto, recupero e smaltimento di rifiuti che comportano il decesso o lesioni gravi alle persone e all’ambiente;
– il significativo deterioramento di un habitat all’interno di un sito protetto;
– la produzione, l’importazione, l’esportazione, l’immissione sul mercato o l’uso di sostanze che riducono lo strato di ozono.
Attualmente, il sistema sanzionatorio italiano è molto diverso da quello proposto dalla Comunità Europea: il legislatore italiano dovrà introdurre norme più severe per uniformarsi alle richieste europee in modo da dissuadere i soggetti dal commettere il reato.
Quindi andranno stabilite le sanzioni penali applicabili a questi nuovi reati, in funzione del danno provocato sia alle persone che all’ambiente. A tal proposito la direttiva fissa un tetto massimo di 150.000 € per l’ammenda e 3 anni per la reclusione.
Il recepimento della direttiva europea 2008/99/CE dovrà considerare i nuovi reati previsti per la responsabilità amministrativa e di conseguenza anche adeguate e proporzionate sanzioni amministrative, di confisca e anche interdittive come previsto dal D.Lgs. 231/2001.
Così però c’è la possibilità di duplicare le pene a carico di uno stesso reato, date le piccole dimensioni delle aziende italiane che spesso non permetterebbero di tracciare una differenza tra la figura del titolare (colui che commette il reato) e l’ente stesso (ovvero la persona giuridica che compie l’illecito verso l’ambiente).
Quel che è oramai certo è che con l’introduzione della responsabilità delle persone giuridiche anche per i reati ambientali assisteremo ad una diffusione a tappeto del D.Lgs. 231/2001 che modificherà l’attuale sistema, spostando la responsabilità personale verso la responsabilità delle persone giuridiche.