Pubblicato il 30 Aprile 2019

La sicurezza sul lavoro in Italia: Proposte di cambiamento

La sicurezza sul lavoro in Italia: Proposte di cambiamento

Di ing. Riccardo Borghetto – Amministratore unico Lisa Servizi srl

Negli ultimi giorni ho letto tanti articoli fotocopia relativi a due aspetti:

-le statistiche infortuni dell’Italia nel 2018

-la giornata mondiale della sicurezza 2019.

Sono anni che si dicono praticamente le stesse cose da parte di tutti i soggetti: dai politici, ai sindacati, agli organi di vigilanza agli enti e associazioni.

Sono certo di attirare molte critiche, ma a mio avviso dobbiamo fare (io per primo) tutti autocritica: quello che facciamo è vera prevenzione? Contribuiamo a ridurre gli infortuni e malattie professionali?

Guardando brutalmente ai risultati sembra proprio di no.

Siamo molto lontani da avere risultati apprezzabili per un paese che dovrebbe essere evoluto.

I dati più recenti forniti da Inail (ricordiamo che tali dati sono parziali perché si riferiscono ai soli assicurati Inail: moltissimi lavoratori e professionisti o imprenditori non lo sono) relativi al 2018 ci dicono che sono 1133 le denunce con esito mortale, in aumento del 10 % sull’anno precedente. Sono in aumento (circa +1%) anche le denunce di infortunio (circa 641.000).

Non disponiamo tuttora di un osservatorio pubblico che dia copertura statistica a tutti gli infortuni sul lavoro.

La maggior parte degli incidenti mortali sono riconducibili sempre alle stesse fattispecie di evento:

-caduta dall’alto e lavori in quota

-elettrocuzione
-ingresso in spazi confinati

-uso di attrezzature pericolose (carrelli, PLE, macchine movimento terra)

-rovesciamento del trattore

-bypass alle protezioni di macchine

-ecc.

Cosa non va?

A mio modesto parere ci sono diversi problemi che contribuiscono ad una performance complessiva scadente in Italia:


1-un elevatissimo numero di micro imprese

Datori di lavoro con cultura bassissima che non sono in grado di “vedere” i rischi nemmeno per loro stessi (molti infortuni mortali accadono ai titolari di micro imprese), figuriamoci se li vedono per i loro collaboratori. E la formazione dei Datori di lavoro RSPP non è sufficiente per colmare le lacune soprattutto se non viene svolta o viene effettuata al ristorante  come tal volta capita.

bassa cultura della sicurezza

2-una legislazione molto burocratica

Legislazione basata su un numero enorme di adempimenti, molti dei quali inutili e incomprensibili che fa si che la sicurezza sia vissuta come l’ennesimo adempimento da dover aggirare.

Qualche “giurista” afferma che abbiamo la miglior legislazione al mondo. Sarà.

E’ una legislazione talmente complicata da prevedere la commissione degli interpelli per aver l’interpretazione autentica della norma. E alcune risposte agli interpelli fanno veramente sorridere per le banalità. Sicuramente molti di noi dedicano molto (troppo) tempo nell’interpretare le norme complicate. Ricordo che il documento sul testo unico integrato con le circolari, interpelli e altre norme, magistralmente realizzato e mantenuto aggiornato da due funzionari dell’INL è di oltre mille pagine!

la sicurezza sul lavoro è burocrazia

3-una cultura dell’evasione generalizzata.

Questo non vale solo per le micro e piccole aziende, ma addirittura per lo Stato stesso, figlia del punto precedente. Sono stato RSPP di molti uffici pubblici e di magistratura e posso dire con cognizione di causa che lo Stato è messo molto peggio del privato. Vedere un ufficio Statale molto importante senza collaudo Statico, senza CPI, senza filo di terra ecc fa pensare. L’unico nostro cliente che non ha mai fatto formazione di sicurezza ai propri lavoratori è un ufficio di Magistratura, uno di quelli con la scritta “La legge è uguale per tutti”.

Ricordo ancora che l’obbligo della messa a norma delle scuole dal punto di vista antincendio è del 26/8/1992, è stato prorogato per oltre 25 anni. Ancora oggi abbiamo le scuole fuori norma. E non solo quelle. Se lo Stato deve dare per primo il buon esempio direi che non ci siamo. Lo Stato pone adempimenti che per primo non rispetta.

 

4-la formazione in ambito sicurezza:

formazione in ambito sicurezza

Qui siamo allo sfacelo. Basta ascoltare la trasmissione Striscia la Notizia sulle società che vendono attestati relativi a corsi mai fatti. Anche alcuni nostri competitor sappiamo che si sono comportati in questo modo.

L’attenzione del legislatore non è tanto sul risultato finale (erogare il comportamento corretto quando si lavora), quanto sull’adempimento burocratico (ad esempio tot ore fatte, la collaborazione con l’organismo paritetico, l’aggiornamento della formazione non scaduta ecc).

Gli accordi Stato Regioni che in un primo momento abbiamo salutato come un elemento di miglioramento hanno determinato la creazione di associazioni datoriali e sindacali finte, nonché enti paritetici e bilaterali che hanno come unico scopo la vendita di crediti a strutture di formazione che altrimenti non potrebbero operare. Anche associazioni storiche serie poggiano i loro bilanci sulla vendita degli attestati che rappresentato il grosso dell’attivo di bilancio perdendo in parte lo spirito con cui inizialmente sono state create.

Poi ci sono quelle meno serie che mandano in spam a tutti (e anche al sottoscritto) proposte oscene di acquisto di “pacchetti” di attestati a prezzi stracciati. Direi che non è sbagliato attribuire a molte associazioni il termine di attestatifici. Poi siccome tutti lo sanno e tutti dobbiamo lavorare facciamo finta di nulla.

A prescindere dall’aspetto formale degli attestati su cui sarebbe opportuna una più incisiva azione delle autorità per reprimere i fenomeni indicati, vogliamo parlare della qualità della formazione?

La pubblica amministrazione, tramite il bando Consip ha abbassato di continuo il costo orario della formazione: nella gara del 2019 il costo orario dei corsi rischi specifici medio alto che lo Stato paga a chi si è aggiudicato il bando stesso è 40€/ora.

Visto che in tale prezzo sono comprese le fidejussioni bancarie, i margini del vincitore del bando, la gestione di segreteria dei corsi, le stampe, le attestazioni, l’archiviazione per 10 anni ecc quanto può essere pagato un docente all’ora?

Le micro aziende governate da datori di lavoro con grado di formazione bassissima ritengono che la formazione sia un costo inutile e tendono a spendere meno possibile per cui oggi sono disponibili “formatori” neo laureati che non hanno mai visto un’azienda reale, a prezzi bassissimi che leggono le slide delle leggi in aula.

Ovviamente hanno poi ragione i datori di lavoro nell’affermare che la formazione alla sicurezza cosi concepita non serve a nulla.

Chi ha vera esperienza e pretende giustamente tariffe adeguate, non riesce ad operare nei mercati ove conta solo il prezzo e quindi spesso la professionalità disponibile non viene adeguatamente utilizzata.

 

Formazione alla sicurezza o divertimento?

Ormai tra i formatori, chi non ha argomenti da utilizzare ed esperienza si inventa di tutto per rendere la formazione meno noiosa tramite i giochi ove ci si diverte.

Dal teatro della sicurezza, alle small tecniques, alle tecniche esperenziali che con la sicurezza non hanno nulla a che fare.

Magari ci si diverte un sacco e anche il lavoratore apprezza.

Ma si apprende veramente? Il comportamento del giorno x alle ore y si modifica? Viene misurato prima e dopo ? Sono validate scientificamente? Ho personalmente partecipato ad alcune sessioni di queste metodologie e letto alcuni libri e ritengo di non aver appreso nulla di utile.

5- I documenti per la sicurezza.

Ormai sui social, anche nei gruppi seri e frequentati da grandi professionalità i quesiti dominanti non sono relativi a soluzioni di sicurezza, buone prassi, idee per ridurre il rischio, prodotti e tecnologie, ma sull’obbligatorietà o meno di uno specifico adempimento spesso inutile  (ad esempio la data certa sul POS, la firma del medico su una relazione relativa alle macchine ecc., la firma sul DVR del DDL, quando scade l’aggiornamento quinquennale dell’RSPP)

Tecnici dal profilo scientifico (geometri, periti, ingegneri, architetti, chimici ecc.) che discutono di articoli e commi di legge come anch’io ogni tanto faccio. Non stiamo facendo prevenzione reale, ma solo perdendo il nostro tempo. La causa di questo è in buona parte quella del punto 2.

 

6-Click Day e OT24:

 

Inail

L’Inail, massimo Ente Italiano per auto referenzialità, utilizza cifre importanti, sottratte dagli stipendi che le aziende erogano ai lavoratori, secondo logiche non condivisibili. Ad esempio l’OT24.  

Qualche anno fa bastava che il medico dichiarasse di fare due sopralluoghi/anno per avere dei punti in più, oppure effettuare la riunione annuale senza averne l’obbligo. Bastavano 5 minuti per farsi dare le firme mancanti per ottenere punteggio utile a pagare di meno. Adempimenti non utili ai fini preventivi.

Invece implementare il protocollo Behavior Based Safety, standard mondiale riconosciuto in tutto il mondo, che richiede investimenti consistenti, e in grado di abbassare moltissimo il tasso infortunistico, non hai beneficiato dello sconto secondo l’OT 24 Inail. Viene da chiedersi quali siano le logiche che in Inail sono state utilizzate in passato. Oggi la situazione è migliorata.

-Bando ISI e click Day: L’Inail determina l’accesso al contributo (dopo una verifica dei requisiti iniziale) tramite il click day, evento, dove contano due cose: fortuna e velocità. Non sarebbe ora di cestinare il click day e di sostituirlo con qualcosa di più serio di una lotteria? Recentemente ho ricevuto una proposta da un’organizzazione per diventare cliccatore, con pagamento a risultato. Se riesco ad essere veloce e ottenere il clic vincente mi attende un premio in denaro. E’ questa la prevenzione che vogliamo?

 

7-Repressione e organi di vigilanza:

ispettorato nazionale del lavoro

Da più parti (soprattutto lato sindacale) si chiede maggiore repressione e l’aumento del numero degli organi di vigilanza. Il problema qui è legato al punto 1. Il 95% delle aziende ha meno di 10 dipendenti: 4.180.000 su 4.390.000 in totale. Sono un numero enorme. Solo le medie grandi aziende o quelle di settori più a rischio hanno una reale probabilità di un controllo. Gli organi di vigilanza sono troppo pochi. E quando avviene un infortunio perdono giornate e giornate solo per testimoniare a processo (altro problema la lentezza dei processi). Quindi le micro aziende, quelle che sono numericamente di più, con la cultura della sicurezza inesistente sono quelle di fatto non controllate.

Mi ricordo il periodo in cui l’Ispesl aveva il monopolio del collaudo degli ascensori. Non riusciva a collaudarli per mancanza di personale. C’erano privati e aziende in attesa anche da 10 anni di un collaudo. E siccome l’ascensore serviva, lo usavano lo stesso, anche se non collaudato. Poi il regime è cambiato introducendo gli organismi abilitati che operano per conto del Ministero. Oggi tutti gli ascensori sono collaudati e tenuti sotto controllo.

In Italia oramai ci sono tantissime professionalità in ambito sicurezza sul lavoro, anche con esperienze significative. Non sarebbe possibile affiancare agli organi di vigilanza Spisal dei soggetti privati che operano con un regime simile a quello degli ascensori e arrivare ad un numero di “ispettori equivalenti” cento volte superiore?

 

Cosa fare allora?

  1. Nei settori a maggior rischio (vedi edilizia, ma non solo) bisogna aumentare la dimensione minima obbligatoria delle aziende e stabilire un sistema di qualificazione (che era già previsto ma mai entrato in vigore). Chiunque voglia operare in questi settori deve aprire una società di capitali, con una dimensione cospicua di capitale, dipendenti qualificati,  responsabili tecnici con precisi requisiti di legge ad alta scolarità. Le aziende attuali potranno fondersi, aggregarsi, consorziarsi o diventare cooperative ma dovranno crescere dimensionalmente. Non dovrà esistere una organizzazione di liberi professionisti. Il modello è quello dell’autorizzazione delle agenzie per il lavoro, poche e grandi.
  2. Semplificare in modo drastico gli adempimenti di legge soprattutto quelli inutili. La sicurezza “cartacea” deve costare di meno per liberare risorse da dedicare a quella reale.
  3. Gli investimenti rilevanti per importo in ambito salute e igiene del lavoro (adeguamenti di macchine/attrezzature, gli impianti, la rimozione dell’amianto ecc), devono godere di credito di imposta (in una logica simile a industry 4.0) in modo da incentivare le aziende ad  investire cifre importanti. Eliminare sistemi di finanziamento e riduzione degli oneri tipo OT24 e click Day ove vi siano altri che decidono con logiche discutibili.
  4. Lo Stato deve dare per primo un buon esempio, adeguando le proprie strutture in tempi rapidi.
  5.  Cercare di utilizzare pratiche e metodologie dei paesi simili all’Italia che hanno tassi infortunistici decisamente migliori dei nostri.
  6. Liberalizzare la formazione (togliendo le formalità inutili come la comunicazione agli enti paritetici ecc.), mantenendo solo quella abilitativa nella sfera Statale e di pochissimi soggetti autorizzati (non su base accreditamento Regionale, ma su una base diversa, Nazionale, simile a quella degli organismi di Certificazione e Ispezione privati che operano in regime di autorizzazione Ministeriale). Focalizzare il controllo non sugli attestati dei lavoratori, ma sul loro comportamento sul lavoro.
  7. Ampliare gli organismi di vigilanza integrandoli con soggetti privati cui attribuire alcune funzioni.

Ing. Riccardo Borghetto

Amministratore Unico

Lisa Servizi srl

   

 

 

 

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