Pubblicato il 10 Marzo 2023

La confusione tra Near Miss e segnalazioni

La confusione tra Near Miss e segnalazioni

di Ing. Riccardo Borghetto, CEO Lisa Servizi

Diversi anni fa con alcuni amici dell’HSE Excellence Sharing Team (un club di esperti della materia HSE di grandi organizzazioni) ci siamo confrontati sulla definizione di un indicatore relativo alle segnalazioni comune a tutti, per confrontare le performance. Il risultato è stato che un lavoratore, in media, fa 0,26 segnalazioni/anno, ovvero una ogni 4 anni. In pratica pochissimo. Inoltre chi segnala sono sempre gli stessi, c’è poca partecipazione di tutti.

Alcune organizzazioni hanno un unico processo di raccolta delle segnalazioni, sia per near miss sia per proposte di miglioramento in ambito sicurezza o QHSE. Questo semplifica la gestione, ma dobbiamo essere consci che mescola cose molto diverse e su cui è opportuna una riflessione.

I near miss sono già un fallimento. Sono i cugini più fortunati degli infortuni. L’indicatore del numero di near miss segnalati è reattivo. Su questo non si può fare un miglioramento. Si può solo prenderne atto.

Poiché sarebbe stupido ricadere negli stessi infortuni è ovvio che una indagine sui near miss va condotta.

Su Punto Sicuro c’è stato anche un dibattito surreale sul fatto che fosse o meno obbligatorio farlo per legge, ma parlare di near miss vuol dire essere ancora lontani dall’eccellenza e dalla cultura necessaria per arrivare vicini a zero infortuni.

Andrea Trespidi citando Reason ha affermato che:

Gli atti insicuri sono come le zanzare.

Puoi cercare di schiacciarle una ad una ma ce ne saranno sempre altre che prenderanno il posto delle precedenti. L’unico rimedio efficace è quello di prosciugare lo stagno nel quale esse si moltiplicano.”

È vero. È una lotta impari.

Gli infortuni si inventano migliaia di modi per accadere, spesso non facilmente prevedibili. La valutazione dei rischi dovrebbe servire a questo, tuttavia non è affatto facile prevedere tutte le possibili combinazioni di ciò che può succedere. Per questo motivo è necessario il fortissimo coinvolgimento attivo dei lavoratori. Il che non significa fare una riunione e dire “che ne pensate”. È molto, molto di più. È arrivare ad un livello di coinvolgimento tale che i lavoratori, in ogni instante, pensano a quello che potrebbe succedere, a sé stessi e colleghi, a identificare e se possibile intervenire subito per sistemare situazioni e comportamenti a rischio, e per proporre idee di miglioramento in continuazione. Proposte, suggerimenti, che rapidamente devono essere discusse e se opportuno implementate. Le organizzazioni si devono strutturare per poter gestire tale mole di segnalazioni.

Si deve passare da una sicurezza imposta e gestita da specialisti dall’alto, ad una sicurezza che rappresenta un valore condiviso da tutti i lavoratori, e che agiscono per essa.

Nell’ambito dell’organizzazione del lavoro la filosofia Lean, che si è diffusa negli ultimi decenni, ha rivoluzionato il modo di produrre e aumentato di molto le performance grazie anche alla partecipazione attiva dei lavoratori. Nell’ambito della sicurezza non vedo lo stesso grado di coinvolgimento dei lavoratori.

C’è ancora molto da fare. La sicurezza ha molto da imparare dalla filosofia Lean, ho scritto di recente a tal proposito in due articoli che trovate qui.

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