Pubblicato il 17 Luglio 2019

Arrivare a infortuni zero: come in battaglia conta il numero dei soldati

Arrivare a infortuni zero: come in battaglia conta il numero dei soldati

In una organizzazione complessa le possibili cause di infortunio sono tantissime:

-alcune sconosciute: Sono le più subdole. Ti appaiono solo al momento in cui si manifesta un infortunio o un mancato infortunio. Se si manifestano con un mancato infortunio che non viene registrato e analizzato (come avviene molto spesso), rimangono sconosciute e possono riapparire in futuro.

-conosciute e analizzate tramite la valutazione dei rischi: l’infortunio può accadere per assenza o scarsa efficacia delle misure tecniche e organizzative messe in campo per controllare le situazioni e i comportamenti a rischio.

Ogni giorno di lavoro, in ogni momento, in ogni attività, ogni lavoratore è esposto a situazioni e comportamenti che lo mettono a rischio.

Perché è difficilissimo, e sembra quasi impossibile arrivare a infortuni zero?

La guerra all’infortunio è come una battaglia tra 2 eserciti in campo:

- l’esercito di chi fa sicurezza attiva, cioè agisce con comportamenti utili a ridurre gli infortuni

- l’esercito di situazioni e comportamenti che portano all’infortunio.

Il nostro avversario è potente perché dispone di tantissimi modi per generare un infortunio:

-errore umano per ciascun lavoratore presente

-comportamento umano a rischio per ciascun lavoratore presente

-procedure inesistenti o non efficaci

-informazione/formazione/addestramento non adeguati

-rottura di una macchina, impianto, attrezzatura

-variazioni nei processi produttivi, nelle sostanze, nelle attrezzature che creano rischi nuovi

-imprevisti e cambiamenti richiesti dal mercato o dalle circostanze

-ecc.

E’ molto, molto difficile tenere sotto controllo tutto.

E il nostro esercito ? Quello di chi fa sicurezza attiva? E’ altrettanto potente?

Analizziamo 3 casi:

-A: è composto solo dall’RSPP e magari qualche ASPP

-B: è composto anche dai dirigenti/preposti

-C: è composto da almeno il 30-40% dei lavoratori che svolgono attività operative

 

Caso A

Per quanto capace e preparato sia il nostro RSPP, anche se aiutato da qualche ASPP, la sua capacità di modificare prassi e comportamenti di tutta l’azienda è limitata. E’ da solo! Non ce la farà mai a tenere sotto controllo tutte le variabili e le dinamiche quotidiane. Se è un RSPP esterno con una frequenza in azienda bassa, probabilmente ancora peggio.

 

Caso B

E’ il caso previsto dal testo Unico sicurezza con vigilanza affidata ai preposti (e dirigenti).

La situazione è migliore del caso A, ma in ogni caso l’esercito è ancora piccolo per dimensioni, e meno “professionale” poiché difficilmente i preposti hanno modo di svolgere tale attività. In più potremmo avere dei soldati che in realtà non combattono veramente e che alle volte si schierano con il nemico, cioè danno pessimo esempio o si comportano a rischio anche loro.

 

Caso C

Questo è l’unico caso in cui vi sono due eserciti con numeri simili in campo. Se siamo in processo Behavior Based Safety o similare, i nostri soldati sono stati “formati e addestrati” a osservare comportamenti e dare feedback agli altri colleghi lavoratori. Abbiamo quindi un vero e proprio esercito di soldati professionisti. E’ possibile vincere la battaglia e mettere sotto controllo in pratica quasi tutte le variabili sopra indicate.

E’ possibile fare in modo che il grosso dei lavoratori adotti prassi e comportamenti sicuri, segnali i problemi e contribuisca al miglioramento generale della sicurezza.

Detto con altre parole è possibile cambiare la “Cultura” della Sicurezza".

Ma per combattere questa guerra serve un esercito (l’azione coerente nella stessa direzione di tanti lavoratori a favore della sicurezza) e metodo (gestione professionale dei comportamenti), non slogan tipo Safety First, Obiettivo infortuni zero ecc.

Riccardo Borghetto

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